Musica classica informale?

Categorie: Classica, Società
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Commenti: 6 Commenti
Pubblicato il: 1 Settembre 2006

Sul blog di Eric Edberg, violoncellista classico e improvvisatore, trovo questa riflessione:

Avete mai pensato che i concerti classici siano troppo formali e abbiano regole troppo intimidatorie?
Una delle ragioni del fatto che il pubblico della musica classica diventa sempre più vecchio e limitato non può essere un ambiente noioso e presuntuoso che guarda male i nuovi arrivati se solo osano fare qualcosa di naturale come applaudire fre i movimenti o anche durante un movimento?
Sapete che, prima del 20° secolo era normale applaudire fra i movimenti e perfino durante l’esecuzione e che compositori come Mozart incoraggiavano questa pratica?
[trad. mia]

Per verificare questa teoria, Edberg e colleghi stanno organizzando, a quanto pare con successo, eventi di questo tipo:

Wednesday Aug. 30
7:30 PM Thompson Recital Hall in the PAC
The Romantic Cello: An Informal and Interactive Musical Event
Eric Edberg, cello and Stephanie Gurga, piano
brani brevi e piacevoli
durata massima 1 ora
esecutori in jeans
applaudite quando volete
e danzate nelle navate se ne avete voglia

Che ne pensate? (la mia opinione ve la dico dopo)

6 Commenti
  1. Joyello ha detto:

    Io dico solo: “era ora!”
    Ora però… voglio sapere la tua opinione
    🙂

    J.

  2. Zia Petunia ha detto:

    Non credo che un abito o un applauso siano la causa dell’allontanamento dei giovani dalla musica classica.
    Credo il problema sia da imputare al fatto che i bambini, i ragazzi e gli adulti non sono, nella maggior parte dei casi, educati alla musica. Questo spiegherebbe la bassa qualità dei pezzi che girano alla radio.
    Secondo me la soluzione proposta da Edberg forse può far percepire più vicina la musica classica ed i suoi interpreti. Di certo però non risolve il vero problema, legato al basso investimento in arte e cultura.
    E tu che ne pensi?

  3. Lemi ha detto:

    A me tutto ciò che è informale piace SEMPRE.
    E quindi se questo può contribuire a de-sacralizzare l’ascolto ben venga.
    Però non credo che questo sia il vero motivo dell’allontanamento del pubblico dalla musica classica.
    Una volta tanto concordo con Zia Petunia.
    Io stesso vado ad ascoltare solo brani che conosco.
    Chiaro che se conoscessi meglio ciò che vado a sentire ne potrei trarre giovamento.
    Chiedo scusa ma ora son di fretta e il mio ragionamento forse non fila molto…magari nei prossimi giorni mi spiego meglio.
    Intanto anche a me incuriosisce la tua opinione…

  4. Mauro ha detto:

    Dunque, ci sono alcune cose che non mi vanno nell’ambiente della musica classica.
    La più pesante è che il 95% di questo mondo vive soltanto nel passato. Praticamente ignora tutto ciò che è successo dal 1900 ad oggi. Non è che l’ha sentito, ci ha pensato e lo rifiuta, proprio non l’ha mai sentito. Me ne sono reso conto quando ho tenuto un breve corso sulla musica da Schoenberg in poi.
    Questo vale non solo per la maggior parte degli studenti, ma anche per gli insegnanti. In pratica, non hanno mai cercato di superare i limiti della propria educazione.
    Da questo derivano altri due problemi. Il primo è quello dell’eccessivo formalismo che però, per me, è il minore dei problemi.
    Il secondo è che la musica classica congela tutto quello che tocca. Raramente gli studenti e gli insegnanti sono in grado di creare qualcosa che non sia l’esecuzione di qualcosa di scritto. Per loro questo sarebbe comporre che è una attività serissima da non farsi alla leggera. Sembra che per la maggior parte di loro non esista la possibilità di divertirsi con la musica improvvisando su una banale progressione armonica. L’improvvisazione, dal barocco in poi, è stata completamente bandita.
    Quindi, secondo me, lo studio della musica dovrebbe essere abbastanza diverso. Bisognerebbe insegnare il piacere di far musica, non solo la tecnica e il sacrificio.
    E l’insegnamento della musica dovrebbe essere molto più generalizzato e cominciare da bambini. Nella scuola materna il gioco del fare musica dovrebbe essere molto più diffuso e continuare poi alle elementari e alle medie, lasciando a chi vuole la possibilità di specializzarsi.
    In fondo credo anch’io che sia una questione di educazione. Per esempio, avendo cominciato a studiare musica da piccolo, mi sono reso conto molto tardi che la maggior parte della gente non capisce (o non razionalizza) quello che ascolta. Non è in grado di capire che questo è un tema, che questo è il suo sviluppo e che quest’ultima melodia è un secondo tema. Non può sentire come è fatta una sonata, ma nemmeno una canzone.
    Credo che se anche a chi non fa musica di professione fossero dati gli strumenti per capire la musica, non sarebbe poi così importante se chi suona è in smoking o in blue jeans, perché l’attenzione sarebbe sulla musica e non sulle sensazioni.
    Inoltre, anche chi fa musica pop, probabilmente si sentirebbe spinto a cercare qualcosa di più del solito ritornello + inciso…
    Continuiamo pure il discorso, se vi va…

  5. Lemi ha detto:

    Concordo in toto con la prima parte sull’educazione musicale (specialmente sull’insegnamento della musica ai bambini).
    Son sempre un pò imbarazzato a scriver qualche commento poichè mi sento come uno che va in bici sulle rotelline dietro a Coppi…:-)

    Anyway, io stesso, come hai ben capito, sono figlio di una mancata educazione musicale e tutto ciò che so l’ho imparato con passione per conto mio e quindi, non avendo veri e propri strumenti di conoscenza, il criterio che ho seguito è l’unico che conoscevo (e conosco), vale a dire la soggettività e le sensazioni.
    E son tutt’ora convinto dell’importanza di ciò nella musica sebbene riconosca che vi esista una qualche oggettività (a me ancora sconosciuta).
    Di qui la mia mancata ricerca sperimentale dovuta per l’appunto ad una mancanza di mezzi e di conoscenza.
    Leggendo questo blog sto imparando qualcosa in più sulla musica fatta per il gusto e il rischio della sperimentazione e per me è interessante intravedere nei post degli orizzonti anche estremi o quasi paradossali (l’ormai citata 4’33” ad esempio o Eruption) che altrimenti mi sarebbero preclusi.

    Tuttavia “rivendico” la duplicità di lettura della musica, l’aspetto emozionale della stessa e la sua finalità “umana”.
    La tua “Morning Grill” ad esempio mi è piaciuta per la sensazione di “sospensione”, come dici esattamente nel post e di “respiro”. Come leggo nel sito, esiste una documentazione che, immagino, spieghi ciò che ascolto. Tuttavia già così a me ha detto qualcosa, e tanto mi basta…
    Potrei dire, utilizzando un concetto-deus ex machina- che serviva a trovare una sorta di accordo sulle interminabili discussioni con Zia Petunia, che probabilmente esistono due chiavi di lettura della musica. L’una che mira a lavorare sulla musica, a farla progredire, a stravolgerla per migliorarla e l’altra che mira ad utilizzarla per fini pratici.
    Son sempre più convinto d’essere per dirla alla Baricco, un barbaro…

    Cmq complimenti perchè è sempre molto stimolante la discussione qui!

  6. Zia Petunia ha detto:

    Concordo in pieno con quanto hai detto.
    Il corso di storia della musica al conservatorio ha dedicato circa tre mesi ai fiamminghi e solo uno a tutto il novecento.
    Torno a ribadire che in musica si dovrebbe investire. E, come dici anche tu, all’educazione musicale andrebbero assegnati tempo e fondi.
    Per quanto mi riguarda, trovo criticabile la posizione di molti degli amanti della musica classica per i quali tutto il resto, specie ciò che viene etichettato come musica leggera, è noia. Peccato, si perdono molto.
    Allo stesso tempo non riesco a capire chi quell’analisi di cui parlavi nel tuo post, limitata anche ad un semplice “cerco di capire cosa ascolto”, non prova neanche a farla. Peccato, si perdono molto anche loro.
    Forse ha ragione Lemi, esistono una musica da “ricerca” ed una da “utilizzo”. Spero però non sia così davvero, si creerebbero due settori stagni. Ed i settori stagni non vanno mai bene!

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