Tanto per chiarire

steve albiniSteve Albini (qui su wikipedia in inglese e qui in italiano) è un musicista, produttore discografico, tecnico del suono e critico musicale americano. È una persona che conosce molto bene il mercato musicale; fra l’altro è stato produttore dei Nirvana.

Nei primi anni ’90 ha scritto un articolo chiamato The Problem With Music in cui descrive la situazione di una band esordiente di un certo successo, come ne ha viste tante, che arriva a firmare il suo primo contratto con una major. Con la sua esperienza, Albini fa letteralmente i conti in tasca alla band, alla major, a produttori, manager e a molti personaggi che gravitano intorno al business musicale. È in articolo interessante anche perché, nonostante il fatto che circoli su internet ormai da 10 anni, non è stato mai direttamente smentito dalle major, evidentemente perché non sono in grado di farlo. D’altra parte le major si sono sempre sottratte alle discussioni sui loro margini di profitto (e su quelli di band, produttori, manager, etc.) adducendo il fatto che le situazioni sono troppo differenziate.
Ma, come ben sanno gli statistici, in economia le medie si possono sempre fare: basta riferirle a situazioni tipiche ed è quello che fa questo articolo.

Ho sempre voluto proporlo, ma finora sono stato trattenuto dal fatto che è in inglese-americano non proprio semplice e non ho mai avuto la voglia e il tempo di tradurlo (è piuttosto lungo). Oggi finalmente qualcuno lo ha fatto, quindi un plauso a LOR15, di cui vi segnalo il blog e da cui ho tratto la traduzione che riporto qui sotto e che mi sembra ben fatta.

Se a qualcuno interessa l’originale inglese, lo può leggere qui o qui, ma basta una ricerca in Google per trovarlo in molti siti.

È lungo, ma chiarisce molte cose. Se ne avete voglia e se vi interessa leggetelo, tanto per chiarire, fra l’altro, chi sono quelli che danno dei ladri ai ragazzini che si scaricano i CD.

Il problema con la musica

di Steve Albini

Ogni volta che parlo con una band che sta per firmare un contratto con una etichetta major, finisco sempre per pensare a loro in un contesto particolare. Immagino un fossato, largo un metro e venti, profondo un metro e cinquanta e forse lungo sei metri, pieno di merda. Immagino queste persone, alcune delle quali buoni amici, alcune semplici conoscenze, da una parte di questo fossato. Immagino pure un lacchè dell’industria, senza volto, dall’altra parte del fossato, con in mano una stilografica ed un contratto che aspetta di essere firmato. Nessuno può vedere cosa ci sia scritto nel contratto. È troppo lontano ed inoltre la puzza della merda fa lacrimare gli occhi di tutti. Il lacchè urla a tutti che il primo a nuotare attraverso il fossato firmerà il contratto. Tutti si buttano nel fossato e cercano furiosamente di arrivare dall’altra parte. Due persone arrivano nello stesso momento ed iniziano a lottare spingendosi reciprocamente la testa nella merda. Alla fine uno dei due capitola, e rimane un solo contendente. Allunga la mano verso la penna, ma il lacchè gli dice “credo che tu ti debba fare le ossa ancora un po’, nuota di nuovo, per favore. Questa volta a dorso”. E lui ovviamente lo fa.

I. A & R Scouts

Ogni etichetta major, coinvolta nella caccia di nuove bands, ha nello staff un uomo di alto profilo, un A&R che può presentare una faccia credibile ad ogni band con prospettive. Le iniziali stanno per “Artisti e Repertorio”, perché storicamente lo staff A&R seleziona gli artisti per registrare la musica che hanno anche scelto. Questo avviene ancora anche se non apertamente. Questi tipi sono generalmente giovani (la stessa età della band presa di mira) ed al giorno d’oggi hanno sempre qualche ovvia credibilità underground da mostrare. Lyle Preslar, ex chitarrista dei Minor Threat, è uno di loro. Terry Tolkin, ex organizzatore indipendente di concerti a NY e manager assistant della Touch And Go è uno di loro. Al Smith, ex ingegnere del suono del CBGB è uno di loro. Mike Bitter, ex editore della fanzine XXX e collaboratore di Rip, Kerrang ed altri, è uno di loro. Molti dei noiosi stronzi che riempivano le radio dei college sono nelle loro file.

Ci sono molte ragioni per cui gli A&R sono sempre giovani. La spiegazione solitamente usata è che è che lo scout deve essere “hip” per la scena musicale corrente. Un motivo più importante è che le bands intuitivamente avranno più fiducia in uno come loro e che parla con entusiasmo delle stesse esperienze formative rock and roll. L’ A&R è la prima persona ad avere contatto con la band, ed in quanto tale è il primo a promettere loro la luna. Chi meglio, per promettere loro la luna, di un tipo idealistico che si aspetta in pochi anni di fare carriera e che non ha esperienze precedenti con una grossa casa discografica. Cazzo, è un naive, un ingenuo, come la band che sta gabbando. Quando dice che nessuno interferirà nel loro processo creativo, probabilmente ci crede pure.

Quando si siede al tavolo con la band la prima volta, davanti ad un piatto di pasta, può dire loro in tutta sincerità, che quando firmeranno per la compagnia X, di fatto firmeranno per lui, e lui è dalla loro parte.Vi ricordate quel concerto a cui vi ho visto nel 1985? Non ci siamo divertiti un casino? Ora tutte le rock band sono diventate abbastanza sagge da essere sospettose della feccia dell’industria musicale. C’è una caricatura convincente nella cultura popolare di un ex-hipster di mezza età, corpulento, che parla velocissimo usando un gergo datato, chiamando tutti “baby”. Dopo avere incontrato il “loro” A&R, la band si dirà, e dirà a tutti, “non è per niente il classico tipo dell’industria discografica, è come uno di noi” E hanno ragione. Questo è proprio uno dei motivi per cui è stato incaricato.

A questi tipi A&R non è permesso di scrivere contratti. Quello che fanno è presentare alla band una lettera di intenti o un promemoria, che vagamente definisce alcuni termini ed afferma che la band firmerà con l’etichetta quando ci si sarà messi d’accordo sul contratto. La cosa più strana al riguardo di questo memo che sembra innocuo, è che, per tutti gli scopi legali, è un documento vincolante. Cioè, una volta che la band lo ha firmato, ha un obbligo di concludere l’affare con l’etichetta. Se l’etichetta presenta alla band un contratto che la band non vuole firmare, l’etichetta non ha che da aspettare. Ci sono centinaia di altre band che vogliono firmare lo stesso contratto, così l’etichetta è in una posizione di forza.

Queste lettere di intenti non hanno mai una data di scadenza, così la band rimane legata alla lettera di intenti, fino a quando il contratto viene firmato, non importa quanto ci si metterà. La band non può firmare con altri e non può pubblicare il proprio materiale a meno che l’accordo non venga annullato, cosa che non succede mai. Non sbagliatevi, una volta che una band ha firmato una lettera di intenti, o firmeranno un contratto che piace all’etichetta, o verranno distrutti. Una delle mie band favorite è stata tenuta ostaggio per almeno due anni da un furbo giovane “non è come uno di quelli delle etichette” sulla base di una tale lettera di intenti. Non rispettò alcuna delle promesse fatte (cosa che fece con effetto simile ad un’altra band ben conosciuta) e così la band voleva andarsene. Un’altra etichetta aveva manifestato interesse, ma quando all’A&R fu chiesto di liberare la band, disse che voleva denaro o punti percentuali, o possibilmente entrambi, prima di considerarlo. La nuova etichetta aveva paura che il prezzo fosse troppo caro, e disse di no. In procinto di fare l’album di esordio, una band eccellente, umiliata, per lo stress e per i molti mesi di inattività, si sciolse.

II. C’è questa band

C’è questa band. Non sono nulla di incredibile, ma sono anche abbastanza bravi, così hanno attirato un po’ di attenzione. Hanno firmato per una etichetta “indipendente” media, proprietà di una compagnia di distribuzione, e devono ancora due album alla etichetta. Vorrebbero firmare per una major, così potrebbero avere delle sicurezze, sapete, avere dei buoni strumenti, fare i tour in un bus decente, niente fronzoli, solo una piccola ricompensa per il loro duro lavoro. A quel punto hanno un manager. Conosce un po’ di gente delle etichette e potrebbe vendere il loro prossimo progetto alla gente giusta. Lui prende la sua percentuale, ma è solo il 15%, e se fa loro firmare un contratto, allora è denaro ben speso. In ogni caso a loro non costa nulla, se non funziona. Il 15% di niente non è molto!

Un giorno uno scout A&R li chiama, dice che li sta seguendo da un po’ e che quando il loro manager gli ha fatto il loro nome, ha fatto subito “click”. Perché non incontrarsi per parlare della possibilità di un contratto con la sua etichetta? Wow. È il momento di sfondare. Incontrano il tipo, e sapete cosa – non è quello che si sarebbero aspettati da un tipo di una etichetta. È giovane ed è vestito più o meno come la band. Conosce tutte le loro band preferite. È uno di loro. Dice che vuole provare a fare ottenere loro tutto quello che vogliono. Dice che tutto è possibile con l’atteggiamento giusto. Concludono la serata portando a casa una lettera di intenti, scritta e firmata al momento.

Il tipo A&R era pieno di grandi idee, ha parlato anche di usare un produttore di grido. Butch Vig è fuori discussione, pretende 100.000 dollari e tre punti percentuali, ma possono avere Don Fleming per 30.000 $ e tre punti percentuali. Se anche quello è un po’ troppo allora possono avere quel tipo che era nella band di David Letterman. Vuole solo i tre punti. O possono scegliere chi vogliono (tipo Warton Tiers forse, costa solo 5 o 7mila dolalri) e prendere Andy Fallace per remixare per 4mila a traccia più 2 punti. C’era molto a cui pensare.

Bene, a loro piace questo tipo ed hanno fiducia in lui. Inoltre hanno già firmato la lettera di intenti. Lui doveva avere intenzioni serie per voler firmare un contratto. Danno notizia alla loro etichetta attuale, ed il manager dice che vuole che abbiano successo, così hanno la sua benedizione. Lui ovviamente dovrà essere compensato, per gli album in contratto ancora da fare, ma lui stesso chiarirà tutto con la nuova etichetta. La Sub Pop ha fatto milioni vendendo i Nirvana e la Twin Tone non ha fatto male anche lei: 50mila per le Babes e 60 mila per i Poster Children – senza dover vendere un solo disco in più. Sarà qualcosa di modesto. Alla nuova etichetta non importa il prezzo, fin quando è recuperabile dalle royalties. Bene, ricevono il contratto finale e non è quello che si aspettavano. Immaginano che sia meglio andare sul sicuro e lo fanno vedere ad un avvocato, uno che dice di essere esperto di contratti del mondo dello spettacolo e lui trova qualche errore da correggere. Loro non sono ancora convinti, ma l’avvocato dice che ha visto molti contratti e che questo è piuttosto buono. Avranno molte royalties: 13% (meno 10% di deduzione packaging).Non erano i Buffalo Tom che prendevano solo 12% meno il 10%). Fa lo stesso.

La vecchia etichetta vuole solo 50mila e nessun punto percentuale. Cazzo, la Sub Pop prese 3 punti quando lasciò andare i Nirvana. Hanno firmato per 4 anni, con opzione per ogni anno, per più di un milione di dollari! Solo l’anticipo per il primo anno è di 250mila $. Pensateci un attimo, un quarto di milione solo per essere una rock band!

Il loro manager pensa che sia un grande affare specialmente per il grosso anticipo. Inoltre, lui conosce una casa di pubblicazioni che prenderà la band se avranno un contratto e anche questi daranno loro un anticipo di 20mila, così incasseranno anche questi soldi. Il manager dice che il settore del publishing è piuttosto misterioso e nessuno sa bene da dove arrivi il denaro, ma l’avvocato può dare uno sguardo al contratto. Cazzo, sono soldi regalati.

Il loro booking agent è eccitato per il fatto che firmino per una major. Dice che possono incassare in media 1.000 o 2000 $ a sera da ora in poi. È abbastanza per giustificare un tour di cinque giorni la settimana e con una band di supporto, possono usare un vera crew, comprare degli strumenti adeguati ed avere addirittura un tour bus! I bus sono piuttosto costosi, ma se pensate al costo delle stanze d’albergo per tutta la band e la crew, è più o meno lo stesso costo. Alcune band come Therapy?, Sloan e Stereolab usano i bus in tour anche quando vengono pagati poche centinaia di dollari a notte e questo tour deve incassare almeno 1.000 e 2.000 dollari a notte. Ne varrà la pena. La band sarà più a suo agio e suonerà meglio. L’agente dice che una band su una etichetta major può farsi pagare un anticipo da una società di merchandising sulle vendite delle t-shirts! Ridicolo! È una miniera d’oro! Che l’avvocato dia una letta anche al contratto di merchandising, giusto per andare sul sicuro.

Si ubriacano al party per la firma del contratto. Vengono scattate polaroids e tutti sono eccitati. L’etichetta è andata a prenderli con una limousine. Decidono di usare il produttore che era nella band di Letterman. Il tipo porta dei tecnici per accordare la batteria per loro e regolare amplificatori e chitarre. Ha pure fatto portare dei microfoni vintage. Ragazzi, come erano “caldi”. Ha portato pure un tipo per controllare le fasi di tutto l’equipaggiamento nella sala di controllo. Ragazzi, che professionista. Ha usato un po’ di equipaggiamento e alla fine erano tutti d’accordo che tutto suonava molto “punchy” e “caldo”.

Tutto quel duro lavoro finalmente ha dato i suoi frutti. Con l’aiuto di un video, l’album è stato venduto come panini caldi. Hanno venduto 250mila copie! Di seguito i conti che spiegano quanto siano fottuti: Questi numeri sono rappresentativi di importi che appaiono quotidianamente in contratti discografici. Non c’è bisogno di manipolare i numeri per fare apparire male lo scenario, dal momento che gli esempi veri abbondano.

Anticipo $ 250.000
Percentuale del Manager $ 37,500
Avvocati $ 10,000
Recording Budget $ 150,000
Anticipo produttore $ 50,000
Spese Studio $ 52,500
Drum. Amp, Mic and Phase “Doctors” $ 3,000
Nastro per la registrazione $ 8,000
Affitto attrezzature $ 5,000
Trasporti $ 5,000
Pernottamenti durante lavoro in studio $ 10,000
Catering $ 3,000
Mastering $ 10,000
Copie su nastro, reference CDs, spedizione nastri, spese varie $ 2,000
Video budget $ 30,000
telecamere $ 8,000
Crew $ 5,000
Processing e riversamenti $ 3,000
Off-line $ 2,000
On-line editing $ 3,000
Catering $ 1,000
Palco e costruzioni $ 3,000
Copie, corrieri, trasporti $ 2,000
Costi del Director $ 3,000
Album Artwork $ 5,000
Foto promozionali e copie $ 2,000
Fondo Band $ 15,000
Nuova batteria professionale $ 5,000
Nuove chitarre professionali[2] $ 3,000
Nuovi ampli chitarra professionali [2] $ 4,000
Basso a forma di patata $ 1,000
Nuovo ampli per basso con lucette $ 1,000
Affitto sala prove $ 500
Gran party per gli amici $ 500
Tour spese [5 settimane] $ 50,875
Bus $ 25,000
Crew [3] $ 7,500
Cibo e per diems $ 7,875
Carburante $ 3,000
Beni di consumo $ 3,500
Guardaroba $ 1,000
Promotion $ 3,000
Guadagno lordo del tour $ 50,000
Percentuale Agente $ 7,500
Percentuale Manager $ 7,500
Merchandising anticipo $ 20,000
Percentuale Manager $ 3,000
Parcella Avvocato $ 1,000
Anticipo pubblicazione $ 20,000
Percentuale Manager $ 3,000
Parcella Avvocato $ 1,000
Vendita dischi 250,000 copie a $12 = $3,000,000
Royalty di vendita all’ingrosso [13% del 90% del dettaglio] $ 351,000
A detrazione anticipo $ 250,000
Percentuale produttore [3% meno $50,000 di anticipo] $ 40,000
Budget promozionale $ 25,000
Penale etichetta precedente $ 50,000
Royalty nette $ -14,000
Entrate etichetta discografica
Vendita dischi (entrata lorda) $6.50 x 250,000 = $1,625,000
Royalties Artisti $ 351,000
Deficit dalle royalties $ 14,000
Produzione, packaging e distribuzione @ $2.20 a disco $ 550,000
Profitto lordo $ 7l0,000
Il bilancio:
questo è quanto ogni giocatore è stato pagato alla fine di questo gioco
Casa discografica $ 710,000
Produttore $ 90,000
Manager $ 51,000
Studio $ 52,500
Etichetta precedente $ 50,000
Agente $ 7,500
Avvocato $ 12,000
Entrate nette per ogni membro band $ 4,031.25

La band è ora ad un quarto del proprio percorso contrattuale, ha arricchito l’industria discografica di più di 3 milioni di dollari ma è in perdita di 14.000 sulle royalties. I membri della band hanno guadagnato 1/3 di quello che avrebbero guadagnato lavorando da 7eleven (catena di supermercati NdT) ma hanno dovuto girare in un bus per un mese.
Il prossimo album sarà la stessa cosa con la differenza che l’etichetta insisterà che spendano più soldi su di esso. Da momento che il precedente non ha mai “recuperato” le spese, la band non si può opporre.

Il prossimo tour ancora sarà la stessa cosa, a parte il fatto che l’anticipo per il merchandising sarà già stato pagato, e la band, piuttosto stranamente, non avrà guadagnato alcune royalties dalla vendita delle magliette. Probabilmente i tipi della vendita delle magliette avranno imparato a contare i soldi come i tipi della casa discografica.

Alcuni dei vostri amici probabilmente sono già fottuti a tal punto.

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Il futuro del mercato musicale (2)

È il 2015, ti svegli al al suono di una melodia familiare diffusa dolcemente, che ti tira fuori dal letto e ti fa sentire bene. Quando entri in bagno, il tuo Personal Media Minder attiva lo schermo incorporato nello specchio e puoi guardarti una selezione di notizie mentre ti prepari per la giornata. Appena ti infili nella doccia, il tuo programma musicale personalizzato ti accoglie con una nuova versione dal vivo della canzone che hai scaricato ieri, ed è ancora meglio dell’originale, così, mentre ti vesti, dici al programma TasteMate di aggiungerla in rotazione nella tua scaletta musicale. Infili i nuovi occhiali con cuffia incorporata e collegamento in rete continuo, li accendi sistemando gli auricolari e inizi subito ad ascoltare il mix che un amico ha preparato per te. La musica fluisce nella tua coscienza, diventa parte di te. Dopo la colazione con il resto della famiglia, ti dirigi al lavoro, e il Personal Media Minder ti chiede se vuoi finire di ascoltare l’audiolibro iniziato ieri mattina. Data la conferma, parte la registrazione, che ti accompagna nella camminata verso il treno che ti porta in ufficio. Durante il giorno, gli occhiali e altri dispositivi wireless ti aiutano a comunicare attraverso la rete con amici, soci, compagni di rete e “pari digitali”. La cuffia ti tiene in contatto anche con quella raccolta hard rock che ti piace tanto e, nel frattempo, continuano ad arrivare una serie di nuove canzoni, nuove versioni e remix di brani che ti interessano, insieme ai tuoi vecchi pezzi preferiti. Con TasteMate accedi alle tue scalette musicali e le condividi, consigli a un amico a Seattle un paio di canzoni, che vengono automaticamente inserite nella sua collezione. La musica ti dà la carica per tutto il giorno. Tornando verso casa, scegli la solita miscela di notizie di cronaca, sport, meteo e pettegolezzi sui tuoi musicisti e attori preferiti.
La cuffia si sincronizza con i monitor tridimensionali attivi, che proiettano le immagini proprio davanti a tuoi occhi, oppure con gli schermi comuni disponibili sul treno e a casa: puoi decidere cosa ascoltare e cosa guardare e chi può condividere l’esperienza. Il Media Minder armonizza e trasmette la programmazione selezionata e qualsiasi nuovo tipo di musica tu abbia deciso di esplorare, definendo anche come sceglierla, con l’aiuto del programma TasteMate.
Rientrato a casa, trascorri la serata accompagnato dal morbido jazz diffuso dall’impianto domestico attraverso casse disposte in ogni stanza, mentre porti in tavola una delle tue specialità culinarie, poi paghi le bollette. Una di queste è l’abbonamento per informazione e intrattenimento, che comprende i costi mensili per musica, video, connessione e comunicazione, ma è sempre più economica della bolletta del riscaldamento o dell’acqua. Le chiamate in arrivo dagli amici si inseriscono armoniosamente nella programmazione con cui ti circondi, in accordo alle tue indicazioni. Dopo cena metti in ordine e magari giochi un paio di partite con alcuni amici attraverso la tua rete virtuale, mentre ti rilassi con alcuni brani New Age ispirati alle composizioni originali di Mozart, che hai scoperto a tarda notte mentre navigavi tra i canali di musica condivisa…

David Kusek, Gerd Leonhard
Il futuro della musica

Questo è l’incipit del libro di cui sopra, di recente pubblicazione in Italia (il libro è del 2005; trovate la versione originale qui e quella italiana qui; potete scaricare la prefazione e il primo capitolo in pdf, il resto lo dovete comprare).

Secondo voi quanto descritto sopra è un paradiso o un incubo?

Devo dire che mentre lo leggevo pensavo “…bello…”, ma quando ho cominciato a fare qualche elucubrazione chiedendomi quante probabilità di avverarsi ha una situazione del genere, il tutto ha cominciato a girare inesorabilmente verso l’incubo.
Intendiamoci, io sono sicuro che il mercato musicale sta evolvendo verso una situazione del genere: come scrivo nel post precedente, la musica sarà distribuita in rete, i costi caleranno, esisteranno servizi di abbonamento, ci saranno software in grado di selezionare i generi, etc.
Però nel testo di cui sopra manca qualcosa: tanto per cominciare, la pubblicità.
Mi sembra impossibile che l’advertisement non infili i suoi tentacoli (io odio la pubblicità) in un servizio di musica in abbonamento. È vero che chi offre il servizio può contare sul canone di abbonamento, ma voi pensate che saprà resistere alla possibilità di abbassare un po’ il prezzo e infilarci qualche advertisement? Oltretutto personalizzato. Magari, peggio ancora, in forma secondo loro non disturbante. Così, mentre ascolti la tua selezione di hard rock preferita, “continuano ad arrivare una serie di nuove canzoni, nuove versioni e remix di brani che ti interessano” e ogni tanto ti arriva un pezzo che assomiglia agli altri, ma decisamente non fa parte della tua scelta. E tu stai lì a chiederti se è il software di selezione che ha toppato o se qualcuno ha pagato i fornitori del servizio per mandare almeno una volta al giorno quelle canzoni… In fondo, nei tempi andati, le major hanno sempre pagato le radio perché trasmettessero certi pezzi.
Poi, “gli occhiali e altri dispositivi wireless ti aiutano a comunicare attraverso la rete con amici, soci…” sono una disgrazia perché se tu puoi vedere qualsiasi rete, tutte le reti vedono te e ti trovano. Così, in mezzo all’audiolibro, arrivano le comunicazioni concitate di quelli del tuo ufficio che ti fanno sapere che il boss ha indetto una riunione per le 10 e vuole la tua opinione su un nuovo progetto. Di conseguenza, sempre insieme all’audiolibro, cominciano ad arrivare grafici, reports e voci… (il che, nota bene, succede già adesso grazie a quella potente invenzione che è il cellulare).
Nel frattempo il tuo programma di messenger è partito da solo (fa parte del servizio) e arrivano squillini da 50 deficienti che, non avendo niente da fare, vorrebbero messaggiare con te. Come se non bastasse c’è una chiamata voip da quel/quella cretino/a che ti sta tarmando da un mese solo perché ci sei andato/a a letto una sera che eri depresso/a.
Ok, potrei continuare. Potrei riscrivere la situazione citata in modo secondo me un po’ più realistico (magari lo farò). Ma quello che mi sembra allucinante di questa situazione immaginaria, ma in fondo non troppo, è l’idea di delegare le scelte.
È vero che con l’attuale quantità di informazione, oltretutto sempre crescente, selezionare è difficile, ma quando io scelgo di leggere le news dal sito di Repubblica piuttosto che da qualcun altro, io opero una scelta in prima persona. Se io, invece, mi affido a un servizio tipo GoogleNews, per quanto possa personalizzarlo, è sempre nelle mani qualcuno/qualcosa altro.
Gli autori del saggio dicono che la musica fluirà come l’acqua e nello stesso modo è facile immaginare che le notizie fluiranno come l’acqua, le immagini fluiranno, le storie fluiranno etc. Ma chi controlla il flusso?

Il futuro del mercato musicale (1)

Dal punto di vista degli autori – Con spirito relativamente ottimistico

La musica non viene più distribuita su un supporto ma solo come flusso di dati. La vendita avviene via rete, non necessariamente solo tramite un computer, ma attraverso un qualsiasi terminale multimediale.
Le major discografiche non esistono più. Esattamente come una qualsiasi azienda che fabbrica e vende un qualsiasi prodotto, o come uno studio professionale, sono gli autori (la band costituita come società) a vendere i risultati del proprio lavoro, coadiuvati da una serie di agenzie di servizi e di consulenza.
In altre parole, l’autore e l’esecutore sono tornati ad essere il centro del proprio lavoro, a controllare il prodotto, a investire e rischiare in proprio, esattamente come qualsiasi altra entità economica. E naturalmente controllano anche tutti gli incassi, con i quali devono pagare le spese, le consulenze e anche viverci. Esattamente come qualsiasi altra entità economica.
I prodotti sono privi di protezione. Ormai si è visto che, a meno di militarizzare la rete, le protezioni non tengono. Il calo del prezzo della musica dovuto all’assenza di supporto, stampa, distribuzione e ruberie varie e una piccola tassa sul P2P, pagata come parte dell’accesso a internet, assorbono la perdita dovuta alle copie. Un disco potrebbe costare € 4, ma ne costa 8/10 proprio per questa ragione.
In pratica, una band segue la solita trafila. La differenza rispetto alla situazione attuale sta nel fatto che si gestisce in proprio. Comincia a suonare un po’ in giro, registra dei brani in proprio o in uno studio con modica spesa, li vende sul proprio sito o su quello di una agenzia di distribuzione a cui dà una certa percentuale. In pratica, fin qui ha solo bisogno di un commercialista.
Naturalmente, sul sito, qualche pezzo si può scaricare gratis come forma promozionale. Alcune band distribuiscono gratis tutto il disco oppure il video di un loro concerto perché contano sui concerti per vivere.
E così, se sono una buona band, la voce comincia a spargersi e il loro nome arriva all’orecchio di qualche critico. E allora un critico musicale con un blog da 10.000 accessi al giorno ascolta la loro musica. Non una major che presenta loro una lettera di impegno con cui la band si impegna su tutto e la major su niente mentre pensa se investire su di loro o su uno degli altri 1000 deficienti che ha sottomano. Non c’è bisogno di investire su di loro perché loro stanno già investendo su se stessi e non c’è niente da guadagnare perché la band è padrona del proprio business, per quanto piccolo sia.
Ok, li ascolta un critico. E il critico non è uno stronzo borioso che scrive su una nota rivista musicale. È solo uno che ha un blog e si è fatto una fama in rete con anni di post intelligenti. È un free-lance e non ha un capo. Anche lui si è costruito un po’ per volta, facendo della sua passione il proprio lavoro. Sa che il suo pubblico si fida di lui e lo stima e che questa fiducia è la base del suo successo per cui adesso le radio gli chiedono di preparare programmi e le riviste gli chiedono articoli. Ma non ha un capo.
Sa che il segnalare nuove band interessanti è parte del suo lavoro e aumenta la sua fama. Sa che in TV lo presentano come “quello che ha scoperto Heterophobia e poi Gregg Turner and the Blood Drained Cows”.
Così non chiede loro € 10.000 per una buona recensione, ma li contatta, parla con loro via internet, li intervista e se può va a sentirli dal vivo. E poi ne scrive e li linka sul suo blog e gli accessi al sito della band aumentano di un bel po’.
E allora, se le cose vanno bene, la band valuta se lavorare un po’ con un consulente musicale e di immagine che viene pagato a prestazione o con una percentuale sulle vendite o con un qualsiasi altro accordo di lavoro.
Se poi le cose vanno molto bene e il commercialista non basta più, si affida a una agenzia di management per gestire concerti, tours, merchandising e contabilità. E fornisce loro anche un set di avvocati, perche in un’intervista uno di loro ha detto che ormai sono più popolari di Gesù Cristo e così sono stati messi al bando dall’amministrazione Bush.
E a questo punto, la band si rende conto che è davvero famosa e si fa la propria agenzia di management e manda a quel paese i consulenti musicali e di immagine, gli avvocati e gli altri mangiapane a tradimento.
Uff! Che fatica gestirsi da soli…

Un sogno?
From the band point of view – With a little optimistic attitude

Music is no more sold on CD but only on the internet as data stream.
The majors don’t exist no more. Like any business company that build and sells its own products, or like a professional office, the band sells its own productions with the help of some artistic advisors and/or a management agency.
In other words, the band works alone and control its own work, the music, putting money (and risk) in its own activity, exactly as any other economic entity.
And of course the band controls all the revenues, with which it must pay expenses, the advisors and also living. Just as any other economic entity.
The music has no protection system. By now everybody knows that it’s impossible to control the copy without controlling and blocking all the net and the copy itself is not a loss so big. Now the people pay a little P2P tax as part of the internet access cost and the decreasing of music price, without support, printing, distribution and several robberies, can cover the copies loss. The price of ten songs could be € 4 but it’s € 8 to 10 just to cover the copies loss.
The beginning of a band career is as usual. The difference is that the band runs its business alone.
They begin play around, record some music at home or in a little studio with a little expense and sell it on his site or on the site of a music distribution service that charges a little. Until now the band only needs a chartered accountant.
Of course the people can download some song from the band’s site to hear and give it to friends. So, if the music is good, their name spreads and some music critics begin to hear it. And then a music critic who leads a blog with 10.000 visit per day comes to their site. Not a major with a letter of intent, a so called “deal memo” to which the band remains bound while the major choose between this band or another. Not a major because there is nothing to gain when it’s the artist that control itself and his/her music.
So a music critic hear the band. And this critic is not a pretentious bastard who works for a big music magazine. He is a person who holds a blog and has build his reputation online with years of smart posting. He is a free-lance and has no boss. He knows that many people trust him and this trust is the foundation of his success, is the reason why the radios ask him for programs and the magazines ask him for articles. But he has no boss.
He knows that discovering new interesting bands is the reason of his success and the TVs introduce him as the one who discovered Heterophobia and Gregg Turner and the Blood Drained Cows.
So he don’t ask the band for $ 10.000 to write a good review. He simply listen to their music and write some line to the band and go to their concert and then put a post on his blog and their site many more people come.
And then, if the things runs well, the band maybe turn to a music advisor or to an image advisor to improve the music or the live act, but it’s always the band who controls its music.
And then, if the things runs very well, the band search for a business management service to help handle tours, merchandise and maybe lawyer because the singer told they are more popular than Jesus they get banned by Bush administration.
And at least the band realizes that they became really popular and they can make their own business management service and kick out the advisors and the lawyers and all this parasites.
Agh! What a hard work lead his business alone…

A dream?

Ma quelli della Micro$oft…

…sono sempre uguali?
È normale che il sito sia visitato dai robot dei vari motori di ricerca per aggiornare le pagine da loro archiviate e indicizzare quelle nuove. Questa attività è anche ben accolta perché consente di essere trovati sui vari indici e aumenta i possibili accessi.
Ma, nell’ultima settimana, il bot di Google è passato 9 volte (1.286 al giorno), quello di Yahoo 12 volte (1.714 al giorno) e quello di MSN Search 29 volte (4.143 volte al giorno). Ma questi hanno la para di non essere aggiornati?
Ok. Io sono contento che i bot passino. Meglio tanto che niente. Ma il blog non viene aggiornato 4 volte al giorno. Magari avessi tutto questo tempo.
Il dato di fatto è che Google riesce ad essere tuttora il miglior motore di ricerca passando mediamente una volta al giorno e poi evidentemente facendo un lavoro di qualità nell’indicizzazione, mentre M$, come sempre, cerca di stargli dietro con la forza della quantità.

Ma siamo pazzi!?

Att.ne: il post è del 2006

Probabilmente la risposta ovvia e immediata è sì. Ma quello che mi sconvolge è come certe cose, che a me appaiono pazzesche, passino come assoluta normalità.
Questa notizia è apparsa recentemente su Punto Informatico:

i danni provocati dai pirati delle suonerie ammonterebbero a 2,6 miliardi di euro. Sistemi DRM interoperabili, questa la risposta delle major. Il dato si riferisce soltanto ai paesi dell’Unione Europea, dove il commercio di canzoni e videoclip per cellulare è particolarmente diffuso ed apprezzato tra i più giovani.

Allora, vediamo di capire. Questi tizi si inventano un affare: vendere suonerie ai ragazzini. L’affare non è banale. In Italia, per esempio, le suonerie rappresentano il 69% del mercato digitale. In Giappone ancora di più.
Nota bene: le suonerie vengono vendute su internet a “soli” (sic) € 2 cadauna.
Ora, al sottoscritto, 2 euro per una musichetta non originale che dura da 5 a 20 secondi prima di entrare in un loop infinito, fanno venire in mente solo 3 parole: furto, ladrocinio, grassazione.
Calcolate che 10 suonerie, cioè circa 200 secondi di musica, costano come un CD (il cui prezzo mi sembra pure esorbitante). Magari prima o poi salterà fuori anche un Mozart delle suonerie, anche se, finché continuano a riproporre gli hit del momento, mi sembra difficile.
Ovviamente i ragazzini sono squattrinati. Probailmente i genitori si incazzano (almeno spero) se cominciano a spendere € 20 in suonerie. Gli stessi ragazzini sono anche abbastanza abili con il computer o almeno parecchi fra loro lo sono. Quanto pensate che impieghino per trovare il modo di scambiarsele?
Per quanto ne capisco, il casus belli mi sembra proprio questo, perché non ho mai visto organizzazioni pirata che vendono suonerie agli angoli della strada.
Bene. A questo punto, le major gridano allo scandalo: 2.6 miliardi di euro sfumati in pirateria! Servono sistemi di protezione!
Calma. Qualche considerazione.
Chi scrive, quando era più giovane, ha scritto del software musicale regolarmente distribuito sul mercato. Ricordo bene che, al momento di fissare il prezzo con il distributore, si teneva conto anche del tempo medio di sblocco della protezione. In pratica i calcoli erano: più copie vendiamo, più allettante diventa il cracking del software. Quindi stimiamo che dopo x copie, le vendite caleranno del k%. A questo punto dovremo far uscire una nuova versione con nuove features e nuova protezione. Nel determinare il prezzo di vendita, si teneva conto anche di queste cose e ovviamente il prezzo saliva un po’.
Una considerazione di questo tipo mi sembra l’unica che possa giustificare un prezzo di 2 o 3 euro per una suoneria. I venditori sanno che ogni pezzo venduto passa a tutta la classe e fissano un prezzo di conseguenza.
Ma ancora peggio, questa storia mi ricorda tanto quella dei coloni americani che arrivavano in un territorio in cui fino a quel momento scorrazzavano solo bisonti e indiani, tiravano su quattro staccionate e si mettevano a vendere coperte e alcool agli indiani in cambio di pelliccie. Naturalmente, prima o poi, gli indiani li derubavano per cui i coloni chiamavano l’esercito. Ma, maledizione, se tu vai nel Bronx ben vestito e con i soldi che ti cadono dalla tasche, è matematico che prima o poi qualcuno ti rapini. Magari la polizia verrà anche a raccattarti, ma probabilmente te ne dirà quattro.
Per analogia, mi sembra che tutti questi non si siano accorti che qualcosa è cambiato (ma ovviamente fanno solo finta di non vedere). Le informazioni codificate con tecnologie digitali sono facilmente duplicabili e questo è un fatto.
Notate che sono stati proprio loro a spingere per la rivoluzione del CD, contando anche sul fatto che, come è effettivamente accaduto, avrebbero rivenduto, nella nuova versione CD, milioni di copie di dischi vecchi ormai privi di un mercato significativo. Vi rendete conto di quante persone si sono ricomprate in CD vecchi dischi che già possedevano in vinile a cifre che vanno da 15 a 20 euro? E vi rendete conto che questi CD, essendo remastering di materiale vecchio, non hanno spese di incisione, produzione, pubblicità?
Con questo non voglio dire che ognuno possa copiare quello che vuole, ma a mio avviso dobbiamo guardare dentro ben bene a questa faccenda perché si tratta anche di capire chi siano i veri pirati.
Ok. Questo era uno sfogo e io, in questo periodo, sono particolarmente incazzoso, ma il discorso continuerà.