Kreuzspiel

Categorie: Strumentale
Commenti: 3 Commenti
Pubblicato il: 4 Gennaio 2011

Stockhausen è stato uno dei principali esponenti di quella scuola di Darmstadt che, nell’immediato dopoguerra, proponeva il serialismo integrale come tecnica organizzativa musicale storicamente necessaria. Nello stesso tempo, però. è stato uno dei primi a staccarsene, se non a livello programmatico, almeno come dato di fatto compositivo.

Per lui, il problema maggiore insito nel serialismo integrale e nel puntillismo è la staticità. È evidente, infatti, che la dispersione dei parametri attuata con questa tecnica implica l’assenza pressoché totale di evoluzione: se per ogni nota, durata e dinamica si deve seguire una serie che forza all’utilizzo di tutti i valori prima di una qualsiasi ripetizione, è evidente che il brano risultante difficilmente potrà avere una evoluzione interna, ma sarà solo la rappresentazione della sua organizzazione.

Questo fatto, in sé, non è necessariamente un male e non è nemmeno un effetto collaterale imprevisto. Il serialismo, infatti, nega l’evoluzione interna per contrapporsi all’estetica romantica e post-romantica in cui i brani hanno uno sviluppo drammatico, cioè cercano di far compiere all’ascoltatore un percorso emozionale, cosa che è considerata superata da Webern e dai suoi seguaci. Per questi ultimi, infatti, la musica deve rappresentare soltanto sé stessa e il proprio modello organizzativo. La cosa non è nuova: questa idea è comune anche a molta musica pre-romantica, basti pensare all’Arte della Fuga.

L’assenza di sviluppo, tuttavia, per Stockhausen è un problema e già nei suoi primi lavori escogita dei metodi spesso ingegnosi per aggirarlo, pur continuando a utilizzare la tecnica seriale. Per poterlo fare, deve agire su quei pochi parametri che non sono coinvolti nell’ossessione organizzativa integrale il più evidente dei quali è il registro in cui le note appaiono.

schemaPer esempio, in Kreuzspiel, per oboe, clarinetto basso, pianoforte, 3 percussionisti (1951), lo sviluppo è confinato alla dimensione dell’ottava, ma esiste. All’inizio del brano (in realtà da batt. 14 in quanto il processo è preceduto da una breve introduzione), 6 note della serie appaiono nelle ottave superiori e le altre 6 in quelle inferiori; le ottave centrali sono vuote.

Nel corso delle prime 6 esposizioni della serie (corrispondenti alle prime 6 righe del quadrato di permutazione), molte note cambiano registro e si infiltrano nelle ottave centrali, un processo che viene reso più evidente anche dall’aumentato uso dei legni rispetto al pianoforte (l’idea iniziale era di impiegare voci femminile e maschile), fino al punto in cui, alla fine della 6a riga del quadrato di permutazione, tutte le ottave sono riempite in modo uniforme.

Poi, con le 6 righe seguenti, le note si ritirano nuovamente verso i registri estremi, ma effettuando un incrocio tale per cui le note che all’inizio si trovavano nel registro acuto finiscono in quello grave e viceversa. Questo processo è evidente all’ascolto e, se si considera che dà anche il titolo al pezzo, si può immaginare quale sia la sua importanza per il compositore.

Il lettore interessato può cliccare sull’immagine a destra ed esaminare lo schema dell’intero processo.

3 Commenti
  1. Leonardo ha detto:

    beh..sulla diatriba,ormai storica,di usare il procedimento seriale integrale senza trasgredire le regole feree.credo che sia un dato di fatto.ne abbiamo viste tante,c’e’ chi e’ scappato del tutto.chi ha ripensato in parte i procedimenti.chi l’ha condannato e bestemmiato subito..ecc.tutti hanno avuto i loro buoni motivi.ed e’ giusto che sia cosi’.l’importante e’ che ci sia quella coerenza del procedimento totale per cui si e’ scelto il metodo,o la propria poetica inventiva.se poi la trasgressione di qualche regola nei parametri,porta avanti il lavorio della genesi compositiva.ben venga,non bisogna essere dogmatici.io non approvo pero’ il miscuglio dei procedimenti,che vanno per la maggiore in questa epoca.un po’ di quello un po’ questo,e il minestrone e’ fatto.uno deve scegliersi il suo proprio linguaggio,ed essere coerente.per quanto riguarda Stockhausen che dire?per me e’ un Monumentum….

  2. Mauro Graziani ha detto:

    infatti questo post fa parte di una rivisitazione analitica delle sue opere principali che farò sul blog. aspetto di tornare a casa dove ho i testi per pubblicare una analisi più dettagliata

  3. Leonardo ha detto:

    ah…bene,sara’interessante.niente,volevo chiederle la sua email.non mi riesce trovarla nel blog.giro,giro e non trovo….mi scusi per la mia ingnoranza mostruosa..:-))un saluto…

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