Il 2008 è il centenario della nascita di Olivier Messiaen, una figura gigantesca nella scena musicale del ‘900, alla cui scuola si formarono anche compositori come Pierre Boulez, Yvonne Loriod (sua allieva che ne divenne la seconda moglie), Karlheinz Stockhausen, Iannis Xenakis e George Benjamin.
È quasi impossibile elencare in un post tutte le innovazioni apportate da questo compositore francese che riesce a fondere aspetti apparentemente lontani tra loro in un crogiolo in grado di provocare disappunto sia nei puristi tradizionalisti che negli avanguardisti incendiari: in realtà tale disappunto risiede nell’impossibilità di iscrivere l’autore nelle facili catalogazioni storico-critiche o ideologiche prevalenti nel Novecento musicale.
Ma, per coloro che hanno saputo vedere con chiarezza, Messiaen è sempre stato un punto di riferimento importante. Boulez, per esempio, gli ha praticamente dedicato il Primo Libro delle Strutture per due pianoforti utilizzando la serie tratta da Mode de valeurs et d’intensitées (1950) come materiale base per la sua composizione, che sarà quasi un manifesto del serialismo integrale.
Fra i suoi contributi, non si possono non citare due espedienti compositivi legati ad una personale nozione di simmetria applicata sia a livello ritmico che melodico/armonico. Si tratta dei ritmi non retrogradabili e dei modi a trasposizione limitata.
I primi sono ritmi palindromi, cioè identici se letti da sinistra a destra o viceversa (come la parola ANNA).
Un esempio è nel secondo rigo dell’immagine, tratta da Prélude, Instants défunts, in cui si vede una figurazione ritmica che risulta identica se letta nelle due direzioni. Ritmi come questo, che restano inalterati in seguito ad una inversione temporale e in cui Messiaen vede “il fascino dell’impossibilità”, generano una sensazione di immobilità temporale che trova la sua controparte armonica nei modi a trasposizione limitata.
Questi ultimi sono modi su cui non si possono effettuare le 12 trasposizioni canoniche (12 considerando l’enarmonia; parliamo di modi, non di tonalità).
Per esempio, la scala maggiore non è a trasposizione limitata perché, enarmonicamente parlando, ogni trasposizione di mezzo tono genera una successione di note nuova, che non si sovrappone a nessun altra.
La scala a toni interi (Do, Re, Mi, Fa#, Sol#, La#), invece, trasposta di mezzo tono genera una nuova successione (Do#, Re#, Fa, Sol, La, Si), ma, alla successiva trasposizione (Re, Mi, Fa#, Sol#, La#, Do), si ripresenta il caso precedente. Quindi questa scala può essere trasposta una sola volta.
Un esempio un po’ più complesso è la scala alternata detta anche octofonica o diminuita, che procede per toni e semitoni alternati rigorosamente e si può trasporre due volte:
Do, Re, Re#, Fa, Fa#, Sol#, La, Si Do#, Re#, Mi, Fa#, Sol, La, La#, Do Re, Mi, Fa, Sol, Sol#, La#, Si, Do#
poi si ritorna al primo caso.
Il suo vocabolario espressivo, comunque, va ben oltre questi, sia pur famosi, artifici. Citiamo anche le sue evoluzioni ritmiche realizzate per aumentazione o diminuzione, aggiungendo o togliendo un piccolo valore temporale a ogni ciclo ritmico. E i suoi primi suggerimenti spettrali, costruiti al pianoforte con accordi in cui a una fondamentale f venivano sovrapposte note più o meno armoniche con dinamica inferiore, in un tentativo di fonderle con il suono di base (per es. in Prélude, La colombe o Le loriot, nel Catalogue d’oiseaux).
Inoltre, Messiaen affascina anche per alcuni tratti extra-musicali, che comunque hanno avuto un impatto notevole anche sulla sua musica.
Per prima cosa, era un sinesteta: associava cioè le percezioni uditive a quelle visive (colori) che con il tempo si sono fatte sempre più precise, fino a giungere a descrivere minuziosamente i colori da lui associati al suono di scale, accordi, timbri strumentali, nella prefazione alle Trois Liturgies.
Poi per la sua passione ornitologica che si integra nella sua musica sia in forma tematica che con opere apertamente dedicate al canto degli uccelli [es. Catalogue d’oiseaux, per piano (1956–58), Réveil des oiseaux, piano e orchestra (1953), Oiseaux exotiques, piano e orchestra (1955–56) e altre].
Delle sue modalità di trasposizione dei canti degli uccelli, Messiaen dice:
L’uccello… canta a tempi estremamente veloci che sono assolutamente impossibili per i nostri strumenti; dunque sono obbligato a trascriverlo ad un tempo più lento. Per di più, questa rapidità è associata ad una estrema acutezza, essendo un uccello in grado di cantare in registri così alti da essere inaccessibili ai nostri strumenti; perciò trascrivo il canto da una a quattro ottave sotto. E non è tutto: per la medesima ragione sono obbligato a sopprimerne i microintervalli che i nostri strumenti non riescono a suonare.
Infine, la sua fede, che personalmente non capisco e non condivido, ma che è sempre stata per lui una forza.
Con grande scandalo degli ideologi a lui contemporanei Messiaen radicò la sua fonte d’ispirazione alla panca dell’organo della Sainte Trinité, su cui restò assiso finché visse. Nei suoi scritti egli proclama una candida sequela alla Santa Romana Chiesa, ma mentre ad Igor Stravinsky o a Franz Liszt la fede cattolica ispirò musica essenziale e castigata, Messiaen trae dalla sua esperienza di cristiano una fastosità e una sovrabbondanza espressiva tali da farlo erroneamente definire “panteista” o “sentimentale”. I testi delle Trois petites Liturgies rivelano una conoscenza profonda della filosofia tomistica e della spiritualità ceciliana e solesmense. La trascrizione musicale delle sue esperienze religiose si rivela così troppo concentrata e complessa per chi si aspetta da esse facili ascolti, ma inspiegabilmente mantiene di volta in volta freschezza, tenerezza o ferocia che possono provenire solo da chi non fa del misticismo intellettuale l’unica forma di ispirazione.
La pagina che segue, pubblicata in wikipedia (cliccate l’immagine per ingrandire), tratta da Oiseaux exotiques, mostra con chiarezza alcune delle caratteristiche molto personali di questo compositore:
- l’uso di ritmi arcaici ed esotici. Nei righi in basso si vedono due figurazioni etichettate come “Asclépiade” e “Saphique” che sono antichi ritmi greci, mentre il Nibçankalîla che inizia in ultimo rigo, ultima battuta, è un decî-tâla dalla Śārṅgadeva, una lista di 120 unità ritmiche che appartiene alla tradizione indiana (Messiaen si è rifatto spesso al corpus ritmico dei tala indiani).
- i canti degli uccelli notati minuziosamente, indicandone anche il nome. La garralaxe à huppe blanche e la troupiale des vergers sono, appunto, uccelli.
Ascolta Oiseaux exotiques da YouTube
Ascolta Oiseaux exotiques da YouTube
Per approfondire consiglio la voce a lui dedicata in wikipedia italiana e inglese.
[alcune parti e immagini di questo post sono tratte pari pari da Wikipedia]
Benissimo, complimenti come sempre. Conosci qualche libro su Messiaen in italiano?
ps: a volte il tuo anti spam non funziona: mi dice che sono un somaro e invece no, io sono ancora in grado di sommare un due ad uno zero : D
Saluti
Conosco (ma non ho letto)
Il suono dell’estasi. Messiaen dal Banquet céleste alla Turangalîla-Symphonie di Pozzi Raffaele
Prezzo: € 25.00 a libreriauniversitaria.it
a questo punto, PRETENDO che tu scriva “una breve storia della musica del ‘900”. sei troppo bravo.
🙂
grazie mauro, magnifico
messiaen é giusto un compositore che , a causa dei pregiudizi e delle facili ettichette, resta, nonostante tutto, da riscoprire… paradossalmente molti conoscono Karlheinz e Luciao … o Zappa ma non sanno nemmeno che Oliver ha lasciato una vasta quantitá di saggezza sonora…
Gli unici a conoscerlo , quasi per obbligo, sono gli… organisti classici!
@vinz: l’ho già scritta 🙂
scherzi a parte, questi post mi servono anche a fare le dispense per gli studenti e a volte, invece, sono tratti dalle dispense che ho già fatto.
il problema è che non posso metterle in rete così come sono a causa degli esempi musicali…
scusa ma si dice “sinesteta” e non “sinottico”. E comunque Messiaen non ha inventato un bel nulla. La scala octotonica ad esempio la usava già Rimsky-Korsakov. Pochi compositori sono tanto sovrastimati quanto Messiaen. La cosa mi sorprende sempre…
grazie per la correzione su sinesteta, hai ragione.
per quanto riguarda la scala, è vero, come è vero che debussy usava quella a toni interi. ciò non toglie che Messiaen ne ha fatto una teoria e una caratteristica linguistica. non ho detto che le ha inventate.
qualche compositore ha usato la serie prima di schoenberg, ciò non toglie che lui ne ha fatto una teoria.
infine, quando ero giovane pensavo anch’io che Messiaen fosse sovrastimato. poi, studiandolo, mi sono reso conto che mi sbagliavo…
Esiste un nuovo libro pubblicato in italiano, dove si analizza l’opera “Saint François d’Assise” di Messiaen.
Silvia Corbetta: “Olivier Messiaen: Saint François d’Assise. Cammino verso la joie parfaite”
Con numerosi esempi musicali
pp. 146 – cm. 17×24 – Euro 25,00, Zecchini Editore
Saluti a tutti.